“Sette fonti” o la Fëntanella
La Fontanella o “Sette fonti” è di Tussio. Anche se adesso il comune di appartenenza è Prata D’Ansidonia, il territorio appartiene a Tussio.

la Fontanella oggi (giugno 2004)


Le fonti storiche e, soprattutto, le usanze non lasciano dubbi. Le terre, o meglio i prati, della zona appartengono ai tussiani.
L’uso delle fonti per attingere acqua, abbeverare e lavare, la frequentazione della località come posto ameno e adatto al gioco del pallone, è stata fatta soprattutto dai tussiani fino a qualche anno fa.
Dice G. Cicerone:

l’antica fontana, detta S. Giuseppe, costruita la prima volta intorno al 1245 per opera di Alfonso Petrucci di Tussio, fondatore del Castello di Tussio e della fontana “Sette fonti” distante circa un chilometro dal paese, restaurata con l’aggiunta dell’abbeveratoio nell’anno 1551, venne poi nel 1937 rimodernata e ampliata razionalmente per opera dello scrittore di queste pagine, con la sistemazione del piazzale adiacente al muro.

G. Cicerone, Tussio nei 99 castelli fondatori dell’Aquila degli Abruzzi, pag. 245

Ricordano le cronache una questione agitatasi lungamente, per ragioni di confini territoriali, fra Tussio e Bominaco, per il territorio di La Poranica diviso fra le università di Prata D’Ansidonia, di Castelnuovo e di S. Nicandro.
Si convenne tra i varii litiganti di eleggere un arbitro nella persona di Pietro Lalle Camponeschi, Conte di Montorio che […] decise la controversia ed emise la sentenza di laudo il giorno 11 febbraio 1480.
La questione era intorno ai termini siti nel vocabolo “Sette fonti” a quello della “Serra del Ceraso” […]
Il Camponeschi decise che il termine di “Sette fonti” era precisamente nel prato di Puccio di Filippo, sul corso del rivo dell’acqua che scende dalle sorgenti di “Sette fonti”; […] riconobbe poi altri termini intermedi presso la selva di S. Paolo e presso Colle Maggiore. Ordinò che questi termini fossero ritenuti per veri confini fra le parti dissidenti, perché sempre così erano stati ritenuti per il passato.
Intanto veniva lasciata facoltà agli abitanti di Tussio e di Bominaco di recarsi ad attingere acqua alle “Sette fonti” ed anche più a monte dove sono le sorgenti.

G. Cicerone, Tussio nei 99 castelli fondatori dell’Aquila degli Abruzzi, pag. 225-226

Il Cicerone continua la storia di Sette fonti descrivendo altre liti con il comune di Prata (ricordiamo che Tussio era Comune a sé) in merito a funzioni religiose da svolgersi presso una cappella, sita vicino a Sette fonti denominata la Cona – immagine – però posta sul territorio di Prata. La lite dal 1555 è durata fino al 1561, quando, per un accordo amichevole fu chiamato un Ettore Camponeschi

fu convenuto che gli abitanti di Tussio e di Bominaco, come di consueto, potessero condurre ad abbeverare il bestiame, ad attingere acqua e a lavare i panni nel rivo di “Sette fonti”; mentre gli abitanti di Prata e di La Poranica potevano legnare nei boschi del dominio di Tussio e Bominaco.
Non piacquero queste convenzioni, così svantaggiose pel Comune, a un tale Valerio Santarelli di Tussio. Era costui un uomo che aveva delle cognizioni e particolarmente godeva stima come Idraulico, capace “cioè – dice un vecchio manoscritto – di rinvenire acqua, e di saperla legare e di dargli quel corso con qualche vantaggio di elevazione”.
Eletto sindaco, o procuratore, del comune nel seguente anno 1562… si adoperò per far dichiarare nulla la convenzione stretta nell’anno precedente. Poté ottenere una nuova rettifica del territorio, e che gli abitanti di Tussio e di Bominaco rinunciassero a qualunque diritto su “Sette fonti”, mentre gli abitanti di Prata e de La Poranica rinunciavano alla loro volta al diritto di legnare nel dominio di Tussio e di Bominaco.
Nello stesso tempo faceva conoscere ai suoi compaesani che era facile ritrovare l’acqua nel proprio territorio, e indicò preciso il luogo dove l’acqua si trovava.
Fece eseguire il progetto di una fontana proprio nel luogo ove si vede al presente. Ma il progetto non fu eseguito che oltre un secolo dopo, nel 1711 … Nella fontana nuova fu scolpita l’arma del Comune.
Tutto ciò risulta da due istrumenti: uno del 1562 del notaio Giovan Paolo Flavio di Bominaco, per le questioni precedenti; l’altro, del 1711 del notaio Francesc’Antonio Melonio di Stiffe, che definisce la questione della fonte .

G. Cicerone, Tussio nei 99 castelli fondatori dell’Aquila degli Abruzzi, pag. 226-227
Stemma incastonato nel muro di sostegno delle Sette fonti

Nel 1971 sul numero di giugno/luglio de la Mazzocca 3 a firma di Pierino Giorgi leggiamo:

la Fontanella sembra proprio una piccola oasi ristoratrice in mezzo a un deserto di aride montagne; e per questo si vede, specie nelle domeniche estive, molta gente che ivi rascorre un pomeriggio spensierato sotto l'ombra dei numerosi e ombrosi pioppi, che allineati simmetricamente, fanno corona ai piccoli schiazzi di verde vivo. Sette fonti è davvero un'oasi all'interno della piana di Navelli. Ha sorgenti di acqua che forniscono costantemente e ininterrotta- mente le sette cannelle di acqua raccolte all'interno del grande “fontanile”. Da ru “tërreciënë” scorre acqua sorgiva lungo il terreno formando un ruscello che sfocia nel lago di Tussio; da esso un altro ruscello che prosegue fino al lago di San Pio il cui nome è S. Giovanni. Lungo i corsi di acqua sono nati e cresciuti i pioppi e i salici che creano un ambiente ameno per i sottostanti prati coltivati a fieno.
La Fontanella nel 2004

La fontanella, negli ultimi 50 anni, è diventato un posto turistico. Pierino, nell’articolo succitato, così continua: il comune vedendo inutilizzato n luogo così splendido… ha fatto costruire un mini bar con piazzale per ballo. Ciò è stato una delle migliori idee e aggiornamenti che il comune ha fatto nei riguardi non solo di Tussio, ma anche di tutta la zona. Sempre su La Mazzocca, con gli amici, abbiamo esternato … anche sogni.

Dorando – Domenico Cicerone – nel 1971 pubblicò un articolo e una pianta di un futuribile centro sportivo polifunzionale alla Fontanella. Eravamo ragazzi, pieni di fantasie ma quella di realizzare un’opera del genere all’interno della Piana di Navelli forse sarebbe stata la fantasia più realistica che potesse esserci. La dimostrazione è che quando il bar ha funzionato a pieno ritmo, era frequentato da persone che venivano anche da molto lontano; immaginate con un centro sportivo cosa sarebbe potuta diventare la nostra zona.

Oggi il piccolo bar è diventato un ristorante pizzeria; poco distante sono stati costruiti due locali che avrebbero dovuto servire a un campeggio che non ha mai decollato. I prati, non più coltivati, sono diventati mpraticabili; le Sette fonti, la cui acqua abbiamo bevuto per secoli, sono quasi inaccessibili e la stessa, dicono, non sia più potabile. Il Lago, in fondo ai prati che sarebbe potuto diventare una piscina, è irraggiungibile; il campo di calcio, che è stato il punto di attrazione di tutta la zona – pensate che è l’unico sulla piana di Navelli, e non solo, che è in erba e non occorre di manutenzione – per una sciagurata idea di ampliamento è stato oggetto di scavi da parte della Sovrinten 207 denza alle belle arti e adesso è ridotto a un mucchio di terra e vegetazione spontanea.
A Ferragosto si faceva ressa per trovare un posto macchina per trascorrere la giornata di festa con arrosti e bevute, quest’anno, 2011, non c’era una macchina, non c’era “un’anima”.*

*da storie di Tussio di Toni Santogrossi, Editoriale Eco srl, marzo 2012

Foto del giugno 2004