Quella della Madonna della Neve, antica parrocchia, ad aula semplice, costruita nel secolo XIII, mentre il portale in pietra è del secolo XV, ha un altare tutto in pietra del secolo XVII e sopra l’altare, nella parete, si ammira ancora una testa della  Madonna, frammento di un delicato affresco del secolo XIV. All’unico altare laterale, situato a destra di chi entra, si vede un’artistica pala del secolo XVII.

Oggi: completamente senza copertura, il tetto è caduto da anni, ne restano solo le mura laterali. Con un grande intervento è ancora recuperabile.

resti dell’altare

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20 settembre 2013

Madonna della Neve

L’8 di aprile 2013, con altri volenterosi, abbiamo aperto la chiesa e ripulito l’ambiente da alberi nati spontaneamente all’interno di essa e da immondizia varia.
Abbiamo scattato delle foto allo stato attuale dell’edificio.
Abbiamo chiesto a qualche persona più anziana come fosse la chiesa fino a 50 anni fa, ovvero prima che il tetto cominciasse a crollare, e Manolo De Rubeis, con la sua capacità, pazienza e caparbietà ha ricostruito un’ immagine dello stabile molto verosimile.
Il filmato si può vedere su youtube collegandosi da questo indirizzo:

precedentemente Manolo aveva ricostruito l’altare e fatto un altro filmato, il cui link è:

qui riportiamo qualche foto dello stato odierno della Chiesa

statua di Santa Barbara, festeggiata il 4 dicembre.
In quel giorno la chiesa della Madonna della Neve si apriva e vi si celebrava, in onore della santa, la messa.

questa è la ricostruzione fatta al computer da
Manolo de Rubeis

Tempo fa, siamo riusciti ad avere la descrizione della Madonna della Neve per un ipotetico progetto di restauro fatto da Anna Calzetta di Castelnuovo, architetto, quando era studentessa.
Lo riportiamo integralmente. Ovviamente da esso si traggono degli spunti molto interessanti e, ai più, sconosciuti.

Progetto di Anna Calzetta (ora architetto in Castelnuovo)

Oggetto: Chiesa di Santa Maria della Neve

Tussio (Aq)

Descrizione del manufatto

La chiesa è posta a valle del colle sul quale sorge il centro abitato di Tussio con la facciata principale rivolta a nord, lungo la stradina che conduce al nucleo medioevale.

Il luogo risulta abitato fin dall’epoca romana come lo dimostrano i numerosi ritrovamenti archeologici e la vicinanza della città di Peltuinum.

L’edificio inoltre si pone in diretto rapporto visuale con il Regio tratturo affacciandosi dall’alto sulla vallata percorsa durante la transumanza.

Il manufatto si sviluppa in un’unica aula rettangolare ed un ambiente nel retroaltare.

Le pareti interne sono ripartite da paraste (1) in corrispondenza delle quali si impostano archi diaframma: archi a tutto sesto in pietra, che sorreggevano l’antico tetto a falde in legno a vista e manto in coppi.

L’interno mostra l’esistenza di due altari minori, in pietra lavorata a faccia vista posti sulla parete destra rispetto all’ingresso.

L’altare principale è in pietra calcarea.

La facciata principale ha come elementi architettonici decorativi un portale con, ai lati, due finestre rettangolari e, in alto, un piccolo campanile a vela.

Il portale in pietra calcarea compatta bianca è costituito da una cornice modanata, ai lati della quale sono presenti delle lesene decorate in altorilievo sorreggenti un architrave e un timpano triangolare.

Nelle due quadrotte laterali, le tracce rimaste testimoniano l’esistenza di cornici in pietra.

Il prospetto orientale presenta due finestre.

Quella che si affaccia all’aula rettangolare è posta assialmente rispetto alle lesene che definiscono la campata centrale e corrisponde, sull’altro fronte, ad uno degli altari minori. La sua cornice regolare è composta da quattro conci (2) in pietra calcarea.

L’altra finestra, più piccola ed irregolare, che illumina la sagrestia, è costituita da due bucature: una rettangolare e una ad arco a tutto sesto.

A quest’ultima corrisponde un’altra finestra posta nella facciata occidentale.

I prospetti est, sud, ovest presentano l’impiego di una muratura irregolare con ricorsi orizzontali non sempre evidenti.

La facciata principale è intonacata. E’ inoltre ben visibile l’impiego di materiale di reimpiego di epoca romana presente nell’apparecchio murario delle facciate est e nord.

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(1): La parasta è un elemento architettonico strutturale verticale ( pilastro ) inglobato in una parete , dalla quale sporge solo leggermente. Si differenzia dalla lesena , che pur avendo apparentemente lo stesso aspetto esterno, ha invece funzioni solo decorative.

(2): Il concio è un blocco di pietra squadrato utilizzato per costruzioni.

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Cronologia dell’edificio

annoeventofonte
XIII secoloRealizzazione del primo impiantoG. Cicerone, Tussio nei 99 castelli….G. Equizi, Storia dell’Aquila …. 
1600Risposta alla S. Visita parrocchiale: oltre alla chiesa vi sono altre due chiese, S. Maria della Neve e la Madonna in Gloria.Archivio Curia Vescovile
1620Risposta alla S. Visita parrocchiale: notizie sul paese e sulle sue chiese tra queste viene mensionata la chiesa della Madonna della NeveArchivio Curia Vescovile
1640Risposta alla S. Visita parrocchiale: il Vescovo visita la chiesa. Manca la sua descrizione.Archivio Curia Vescovile
1729Risposta alla S. Visita parrocchiale:descrizione dell’altare maggiore e prescrizione da parte del Mons. Sabbatini della sua tinteggiatura.Archivio Curia Vescovile
1758Risposta alla S. Visita parrocchiale:notizie sugli altari laterali. E donazione da parte della famiglia Carosi di un calice.Archivio Curia Vescovile
1801Risposta alla S. Visita parrocchiale: il tetto e le mense sono in cattivo stato, Mons. Gualtieri esorta al restauro della chiesa.Archivio Curia Vescovile
1813Risposta alla S. Visita parrocchiale: descrizione degli altari laterali, dedicati, il primo a Santo Stefano martire, il secondo a Sant’Antonio di Cadora.Archivio Curia Vescovile

Sintesi storico-critica

La ricerca storica condotta sulla chiesa, non ha fornito dati attendibili sulla data di fondazione e sui successivi interventi che si leggono sull’edificio.

Gaetano Cicerone e Gaetano Equizi fanno risalire il primo impianto, rispettivamente, al tredicesimo e al dodicesimo secolo senza però riportare note bibliografiche o riferimenti d’archivio.

Per questo motivo le conclusioni cronologiche a cui siamo pervenute sono il risultato di studi comparativi e di indagini dirette sugli elementi costruttivi.

La prima indagine è stata fatta sulle murature. Questa ha portato all’individuazione di tre apparecchi murari evidenziando in particolar modo delle riprese murarie che testimoniano due fasi costruttive. Si tratta però di uno stesso cantiere dal momento che i materiali e la posa in opera sono gli stessi.

Lo studio successivo sugli elementi nodali ha messo in luce che il muro che separa l’aula dedicata al culto dalla sagrestia, non è ammorsato all’involucro esterno. Questo ci ha condotto ad avanzare l’ipotesi della non contemporaneità dei due elementi.

E’ stato inoltre analizzato il nodo tra gli arconi e le mura perimetrali, non è stato però possibile verificarne con certezza l’ammosatura.

Tra le due ipotesi avanzate (vedi tav. 9) è stata portata avanti quella che prevede l’ammorsatura degli archi, ritenuta la più attendibile non essendo visibili segni di assestamento delle due strutture o di comportamenti statici indipendenti.

L’analisi geometrico-proporzionale conferma questa ipotesi dal momento che gli archi diaframma suddividono l’intero corpo di fabbrica in tre moduli perfettamente
uguali.

Questo è indice di un unico momento progettuale.

In questa fase di studio è stato riconosciuto che le modularità delle tre campate è misurabile in palmi napoletani, unità di misura riscontrabile dal Medioevo in poi.

Le analisi comparative ci hanno permesso di individuare nella nostra chiesa una tipologia ben precisa: è quella della chiesa fienile ad aula unica avente, inoltre, la caratteristica della copertura non più a capriata ma sorretta dagli archi diaframma in cui è sempre riconoscibile il palmo napoletano.

Questa tipologia nasce nel centro Italia nel XII secolo, periodo in cui gli archi sono a sesto acuto. Si sviluppa poi fino al XV-XVI secolo in cui gli archi prendono la forma a
tutto sesto; esempi determinati di questa evoluzione sono nella provincia de L’Aquila la chiesa della Madonna delle Grazie di Civitaretenga e Sant’Antonio da Padova di San Pio delle Camere.

La seconda fase dell’analisi tipologica ha avuto come oggetto le sagrestie.

Gli esempi analizzati (San Sebastiano a lucoli, Santi Cosma e Damiano a Torre, Santa Maria di Loreto a Capitignano, Beata Antonia a Capitignano) sono stati scelti perché appartengono tutti alla tipologia delle chiese ad aula unica che hanno la caratteristica comune di uno spazio interno riservato alla sagrestia e non all’abside che, invece, si presenta come un corpo esterno all’aula.

Lo spazio dedicato alla sagrestia è delimitato da un muro diaframma sul quale si
appoggia l’altare, posto assialmente coronato da due aperture, disposte simmetricamente, che permettono l’accesso allo spazio retrostante.

Queste chiese sono nate in u periodo che va dal XII al XV secolo subendo dei rimaneggiamenti nei secoli successivi.

L’intervento predominante è la modifica della zona presbiteriale, tema affrontato a partire dal XVI secolo fino alla inizi del XX secolo.

Seguono le analisi comparative degli elementi stilistici dei portali e degli altari che vanno condotte attraverso il confronto dei macro elementi e degli elementi decorativi.

I termini di confronto per il portale sono i portali di: Santa Maria delle Grazie seconda metà del XVI sec., della Santissima Trinità di San Pio di Fontecchio 1581, di San

Marco Evangelista a Castel del Monte sec. XVI.

Per l’altare gli studi sono stati fatti su Sant’Antonio di Padova a S. Pio della Camere 1637, San Paolo a Peltuinum XVII secolo e Santa Maria Assunta a Santa Maria del Ponte 1621.

L’altare ricondotto così al XVII secolo mostra sotto la sua cornice la traccia evidente della sua stratificazione.

Copre infatti un affresco della prima metà del XVI secolo. Questo elemento decorativo sarà l’elemento datante attraverso il quale possiamo ricomporre la stratificazione storica.

Il muro diaframma della sagrestia che ospita l’affresco esiste a partire dal XVI secolo.
L’involucro, quindi l’impianto primitivo, con gli archi sono precedente al muro diaframma.

Il portale e le finestre della facciata principale risalgono alla seconda metà del XVI secolo.

L’ultima fase cronologica vede la realizzazione del nuovo altare principale nel XVII secolo.

Analisi tecnica dei materiali, delle strutture e del degrado

L’analisi degli elementi costruttivi e decorativi del manufatto ha messo in evidenza l’uso principale di tre materiali: la pietra calcarea, il legno e il laterizio.
Le murature realizzate completamente in pietra sono in un discreto stato di conservazione eccetto che nella zona apicale dei muri dove il crollo della copertura ha comportato il dilavamento dei giunti e dei dissesti localizzati.
Abbiamo distinto gli elementi che costituiscono la muratura in quattro classi: i conci: definiti come pietre squadrate e lavorate; i blocchi: pietre sbozzate; le bozze: pietre non lavorate; i laterizi.
La diversa combinazione di questi elementi ha portato alla formazione di quattro paramenti distinguibili nell’involucro definiti come segue
1 – muratura in bozze di piccole dimensioni (dim. elemento medio h=11 cm. largh. = 18 cm.), a corsi sub-orizzontali.

2 – muratura in bozze e blocchi di medie dimensioni (h=18 cm. largh. = 24 cm.) a corsi sub-orzzontali.
3 – muratura in bozze, conci e laterizi di medie dimensioni a corsi sub-orizzontali.

E’ stata inoltre rilevata la presenza di materiale di recupero di epoca classica.

La facciata principale è l’unica rivestita con un intonaco tradizionale di calce aerea a tre strati: l’arriccio e la sbruffa tura per uno spessore di 7 mm, la finitura di colore bianco per uno spessore di 3 mm.

Tutta la superficie si presenta in un avanzato stato di degrado causato principalmente dall’azione dell’acqua, dall’escursione termica e dall’azione del vento, dal momento che la facciata è esposta a nord e, affacciandosi direttamente sulla valle, non gode di alcuna protezione.

Anche le superfici interne sono rivestite con lo stesso tipo di intonaco che, avendo la stessa età dell’involucro esterno, ha valore storico degno di essere conservato.

Il crollo della copertura ha anche determinato, all’interno, lo stato fatiscente delle superfici e del pavimento.

Quest’ultimo, completamente ricoperto dalla vegetazione e dal materiale di crollo, è costituito da pianelle in cotto di dimensioni 30×30 cm e da lastre in pietra calcarea bianca di dimensioni 60×60 cm.

E’ leggibile il tipo di copertura preesistente: è un tetto a due falde in legno a vista e coppi con orditura principale longitudinale alloggiata negli archi diaframma. Data la funzione portante degli arconi il tetto così realizzato risulta comunque stringente.

L’edificio presenta i dissesti più significativi nella zona anteriore compresa tra la facciata principale e il primo arco.

Questo infatti presenta un incerniera mento in chiave e in corrispondenza delle reni.

L’arco subendo una depressione in chiave applica delle sollecitazioni orizzontali al muro perimetrale in corrispondenza della reni dove il muro cambia di sezione e quindi e più debole. Si ha, allora una rotazione attorno all’asse individuato dalla risega.

Presentazione del progetto

L’intervento di restauro consiste in una prima fase di risanamento delle superfici degradate e di consolidamento delle strutture che presentano problemi statici, causati principalmente dall’azione accidentale dei sismi e dall’azione dilavante dell’acqua che le ha indebolite. La seconda fase è costituita dalla reintegrazione di tutti quegli elementi che sono andati distrutti, come la copertura, il campanile, le cornici delle finestre e il pavimento, integrandolo con i nuovi impianti tecnici per l’illuminazione.

La restituzione di questi elementi ha il duplice obiettivo di restituire l’unità estetica del monumento e di mantenere la sua funzionalità, in vista del suo reimpiego nelle funzione religiose.

Il consolidamento è volto a garantire il comportamento scalatore dell’edificio, attraverso la realizzazione di una muratura armata dello spessore di 30 cm. , e a restituire la funzione portante dall’arco.

Quest’ultimo obiettivo sarà raggiunto con la realizzazione, sulla zona apicale dell’arco, di una muratura armata che si raccorda con quella perimetrale. In questo modo verranno contenute le spinte orizzontali sul muro perimetrale, che tendono a provocarne il ribaltamento.

Sono inoltre previste delle opere di risanamento delle murature attraverso la realizzazione di un vespaio nelle zone in cui il muro è a diretto contatto con il terreno.

L’intervento sulla copertura conserva la tipologia preesistente in legno e coppi, con l’unica differenza nella scelta del materiale: verrà infatti utilizzato il legno lamellare che ha migliori caratteristiche meccaniche.

Il tetto è inoltre dotato di un sistema antisismico costituito da fasce che rendono solidali l’orditura principale e l’orditura secondaria.

Per la ricostruzione delle cornici e del campanile sono state fatte due scelte diverse, partendo sempre dal presupposto di poter portare avanti la reintegrazione grazie alla documentazione fotografica che testimonia lo stato preesistente.

Per le cornici, inserite all’interno del sistema estetico e compositivo della facciata principale, abbiamo scelto la reintegrazione con materiali e lavorazione tradizionali: saranno, infatti, realizzati in pietra calcarea bocciardata, in modo da non permettere, nella percezione globale del monumento, la distinzione netta dell’intervento moderno.

Il campanile che costituisce un elemento, sovrapposto all’intera fabbrica, sarà invece realizzato in acciaio e vetro denunciando lo scheletro della preesistenza.

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ricostruzione fatta al computer: Manolo De Rubeis